11/20/2007

La banda del codice (Agire. Sì!)


L'inizio fu quella volta che eravamo Filippo, io e Nicola nella macchina di suo nonno. Era una vecchia ed enorme mercedes che come auto storica non pagava più bollo ed assicurazione. Ad un incrocio sentii Nicola gridare:
-Guarda che stronzo!
E Filippo mi disse didatticamente:
-Avevamo la precedenza noi...quell’auto ha impegnato l'incrocio prendendosi la precedenza!
Io dissi:
-Perché la prossima volta non gli vai addosso?
Sapevo che Nicola talvolta strusciava la troppo larga mercedes uscendo dal garage, e perciò era uno scassone che si poteva anche maltrattare; inoltre avevo sempre sentito dire che erano macchine indistruttibili perché pesantissime e foderate d'acciaio. Lì per lì non diedero peso alle mie parole, eppure, la sera stessa iniziarono seriamente a parlare di una ipotetica banda di una decina di vecchie mercedes: avrebbero girato placidamente per Roma rispettando pedissequamente il codice della strada. Riuscirono a formare un gruppo di amici che -chi per divertimento, chi veramente motivato- con otto macchine vecchie e scorticate collezionarono un bel numero di tamponamenti, tutti a loro completa ragione. Ecco La Banda Del Codice!
Le precedenze venivano sempre pretese ed ottenute; ai semafori scattavano al verde prendendo chi era passato di là con il rosso; se qualcuno li sorpassava a destra loro acceleravano, si riportavano davanti ed inchiodavano di botto facendosi tamponare. Quante persone, esauste da continui atti di pirateria al volante, avevano già pensato a questo? Sembrava facile, infatti lo era, troppo. Non c'era metodo, organizzazione, previsione, sicurezza. Le possibili conseguenze non compiutamente valutate. Pian piano i membri della banda desistettero: chi non avendo testimoni si era visto addossare la colpa, chi aveva sfasciato troppo la macchina, chi si era fatto male.
Filippo e gli altri due rimasti attivi avevano adocchiato il quartiere Tor Bellamonaca, reo secondo loro di un alto tasso di spavalderia e bullezza al volante. Avevano visto ragazzotti dalle macchine sportive o modificate sfrecciare sui viali dei palazzoni della Frocettona. Quella sera Filippo e Nicola inchiodarono con la mercedes, ma la golf ultimo modello riuscì a frenare in tempo, senza tamponare, costringendo poi i due amici a fermarsi in sbandata. Nicola ricorda che erano tre o quattro tipi grossi, prima di cadere in coma per due settimane. Filippo se ne andò con i polmoni sfondati per il distacco della pleura. Chissà quanti calci avrà preso il mio caro fratellone. La banda scomparve per sempre, io avevo quindici anni e mi trovai solo al mondo, in qualche modo libero da quel forte freno inibitore al male che era stato Filippo e, quanto avevo di perverso, forte, cattivo, infernale, esplose senza sponde in me.

L'unica via di spurgo al male è la punizione. So di aver fatto morire indirettamente decine di persone già prima dei diciotto anni, in modi non immaginabili, almeno non per una mente comune. Non so neanche se quello che faccio sia peccato, se cioè costruire una partita a scacchi della vita, fare una mossa tale che fra dieci mosse un altro elemento -non me- farà morire quello che volevo, sia o non sia una colpa che Dio possa ascrivere a me. Forse sì.
E' incredibile quanto sia facile “far sì che muoia” qualcuno, molto più che ucciderlo. Ho cominciato a pensare di non essere l'unico, e che forse la gente che normalmente muore è stata “fatta morire” da qualche altro genio vendicatore folle come me. Superuomini, ho iniziato a credere. Peccato che, al contrario degli immortali di Highlander, siamo destinati a morire e a non incontrarci mai. Certo, perché io non mi farei mai scoprire da nessuno, neanche dai miei simili. E se scrivo queste cose è perché voi sapete come è andata. Comunque sono tranquillo: chiunque sia morto a “causa primaria mia” era un bastardo. Un bravo punitore sa uccidere giustamente i bastardi, e senza farsi scoprire. Il più grande è Dio. Il più infimo è chi non uccide giustamente (ad esempio i bulli della golf), oppure, chi si fa scoprire.
Tutti i miei sforzi vanno all'autocritica, al perfezionamento, per dotarmi delle migliori capacità di giudizio ed analisi, anche se con certezza non arriverò mai a Dio neanche in vecchiaia. Perché è veramente difficile essere Dio.

A proposito, la morte per vecchiaia mi resta ancora un problema insoluto. Forse negli anni lo risolverò, ora vivo ed agisco. Agire, sì.